Una leggenda narra di una mamma che non voleva
partorire.
Non voleva abortire. Voleva tenersi il bambino dentro,
ecco tutto.
E così avvenne, il bambino non nacque.
«Se non è nato, non potrà mai morire» pensò la mamma.
«In questo modo anch'io non morirò e vivremo sempre insieme».
A circa un anno di età il figlio non nasceva e
sembrava starsene bene lì, da non nato. Non aveva mai pianto come un neonato,
aveva sempre riso della sua non nascita, condividendo in pieno le intenzioni
della mamma. La madre si contorceva dal ridere: «Le abbiamo fregate figlio mio,
abbiamo fregato la vita e la morte!».
La donna ingrassava, certo, ma godeva di ottima
salute: solare, serena e bella nonostante l'inevitabile mole.
Il figlio dentro imparava a parlare da solo, si faceva
spazio, camminava a gattoni, conquistò poi la posizione eretta, allargando la
placenta secondo le sue necessità.
La mamma intratteneva buone relazioni sociali, nessuno
la prendeva in giro per la sua grassezza, anzi... tutti, incontrandola le dicevano:
«Lei è bellissima!».
La madre, ingrassando a dismisura, divenne grande come una cameretta colorata con
colori pastello da un figlio di tre anni che rideva là dentro con lei, si
ruzzolava nel cosmo uterino, ci passeggiava attorno, allargando la placenta
secondo le sue necessità.
Quando il figlio raggiunse
i suoi cinque anni, la mamma divenne grande come un parco giochi, dove il
cordone ombelicale si tramutava per lui in un dondolo divertente su cui
dondolarsi.
Il bambino, alloggiando comodo in un buio e silenzioso liquido, non soffriva di solitudine: veri
amichetti immaginari e non nati popolavano il suo mondo, condividevano le sue
scoperte e sempre si interessavano alla sua bizzarra vita ridendo insieme a
lui.
Fuori, tutti gli uomini che incontravano l'enorme
massa di madre, porgevano i più vivi complimenti:
«Lei è immensamente grande, farebbe scoppiare d'amore
chiunque!».
La donna, consapevole della sua spiccata personalità e
della sua estetica originale, sempre ringraziava, senza però concedersi a nessuno.
La mamma grande faceva risate grandi come il figlio
ormai quindicenne e innamorato perso del proprio quartiere madre, con le pareti
della placenta ricoperte di poesie scritte col cuore come fanno gli adolescenti
sinceri.
Il quindicenne non incappò in nessuna crisi
sentimentale. S'innamorò della sua mamma che lo ricambiava massaggiando la
poetica pancia gigantesca con amorevole attenzione.
Il figlio sposò la mamma città che, vista l'età, gli
aveva procurato un lavoro piacevole e utile a entrambi,
togliere di mezzo dal cosmo uterino gli arbusti della vecchiaia, quelli
che potevano nascere per noncuranza o eccessive preoccupazioni: solo in questo
consisteva il suo lavoro. Continuavano entrambi a ridere di gioia, la mamma
godendo quanto poteva del solletico che un figlio dentro di quell'età poteva
suscitare e il figlio perché sentiva la madre ridere di gusto.
L'uomo, nella placenta, desiderò essere padre e
divenne papà del continente mamma, proteggendola, coccolandola, prendendosi
cura di tutte le rughe di madre che sempre più spesso continuavano a comparire.
Fu un buon padre e anche lui invecchiava e diventava saggio come sua figlia
madre, allargando la placenta secondo le sue necessità, siccome aveva capito il
senso della sua amniotica esistenza, fondò insieme ai suoi vecchi amici
immaginari un circolo di filosofi, discutendo intorno alla rara, curiosa idea
della vita vissuta e mai nata.
Passarono tanti anni, decenni, forse un secolo o giù
di lì.
La mamma non crebbe più, girava come un pianeta gira
dentro l'universo e il figlio, marito, padre, nel cosmo placentato, continuava
a togliere con estrema delicatezza gli ultimi arbusti cresciuti.
La madre si sbagliava quando pensò di non morire mai.
Si accorse di non crescere più. Smise per un attimo di girare e disse:
«Ma io questo figlio mio non l'ho mai visto!».
«E questa grande madre mia io la voglio proprio
vedere!» desiderò il figlio dentro, che per nascere sarebbe morto di sicuro.
Dal pianeta madre fuoriuscì per la prima volta una
lacrima dall'occhio destro, un luccicone si compose nell'occhio sinistro del
figlio, con la fretta di venire fuori. La placenta si staccò, si ruppero le
acque, i cieli, le galassie tutte.
E una madre partorì suo figlio.
Racconto tratto da Placenta - 18 racconti di piccoli e grandi
Illustrazione di Martina Fortunato
Racconto tratto da Placenta - 18 racconti di piccoli e grandi
Illustrazione di Martina Fortunato