lunedì 1 febbraio 2016

Famiglia



I bambini e le bambine che hanno lavorato a questa immagine, contenuta nel nostro Calendario dei Diritti 2016, ci insegnano che dentro delle grandi figure-funzioni, quella  dell'essere padre, madre e figlia o figlio ci sono tante realtà, tante unicità.
Ci illustrano che avere una famiglia è un diritto, cosa può voler dire la parola "famiglia", ciò che può esser contenuto dentro un'idea che solo a guardarla da lontano sembra avere una definizione univoca. Se scrutiamo attentamente dentro, più da vicino, scopriamo che ogni famiglia è diversa dall’altra e che ognuno ha una rappresentazione soggettiva della propria famiglia.
...Ben lontano quindi dall'affermare quell'univoco modello fatto da una madre, da un padre e dai figli, ciascun quadro familiare racchiude amori, conflitti, storie passate e future, fantasmi, vita. 

Da futura psicanalista infantile penso all' importanza delle identificazioni, ovvero al poter formare la propria identità nell'ambito delle prime relazioni. Allo stesso tempo penso a quanto sia poco rassicurante l'idea che il potersi identificare in una madre femmina e in un padre maschio sia la assoluta garanzia per la salute mentale infantile. Frequente è ad esempio l’associazione tra vissuti psicopatologici come l’autolesionismo o i disturbi alimentari e la negazione della propria femminilità nell’adolescente, oppure vissuti di confusione nell’identità di genere propria ed altrui, legati a stereotipi e miti familiari che inconsciamente viaggiano tra le menti di adulti e bambine/i appartenenti allo stesso villaggio/ cultura/ famiglia.
Penso invece a quanto sia fondamentale che la rappresentazione del femminile e del maschile sia coerente e libera nella mente degli adulti che crescono i bambini.

Sento dire spesso che la società non è pronta ad accettare modelli “altri” di famiglia e soprattutto di "figlitudine", che i bambini possono soffrire se hanno una famiglia 'strana'.
Penso di essere la società come tutti voi, noi. Penso che ogni adulto, bambino, ogni bambina sia la comunità, ne sia la parte, viva, per il tutto e che ogni adulto,soprattutto se insegnante, educatore, se lavora a contatto con minori ha il dovere di accogliere e pensare che se non ci prendiamo questa responsabilità, quella società a cui a volte astrattamente ci si riferisce, non potrà mai cambiare.

Federica Fabrizi

Nessun commento:

Posta un commento